Messaggio d’auguri di buon anno: eredità da non disperdere I repubblicani rivoluzionari silenziosi ma non silenti di Francesco Nucara Il 2012 è finito e con esso la XVI legislatura. Già prima che finisse la legislatura un nuovo ciclo politico sembrava dischiudersi nel panorama dell’assetto istituzionale italiano. Sembrava anche che il Paese Italia si potesse sedere al tavolo dell’Europa per dettare anch’esso linee d’intervento che valessero per tutti i 27 paesi dell’Unione Europea, cercando di attenuare egoismi pur presenti, conciliandoli con la sofferenza dei paesi maggiormente in difficoltà. Sembrava. E adesso? Nel volgersi di qualche settimana tutto sembra rimettersi in discussione: quello che era lodevole a settembre-ottobre di quest’anno è disdicevole a dicembre. Sono attendibili le istituzioni italiane se ad ogni tornata elettorale si cambiano le carte in tavola? Non lo sono! Né sul piano interno né su quello internazionale. Il Partito Repubblicano Italiano oggi è lo specchio della situazione politica italiana. Un partito, il nostro, che dovrebbe distinguersi per battaglie ideali e che invece si distingue per litigiosità accentuata, per un anarchismo che si esercita, politicamente, nello scimmiottare l’anarchia. Un partito in cui si può essere dirigenti e contemporaneamente boicottare le iniziative decise quasi unanimemente dagli organismi repubblicani. Cui prodest? Pensiamo che non giovi a nessuno se non a danneggiare il Partito Repubblicano stesso e più ancora il repubblicanesimo nel suo complesso. Pensiamo, ovviamente, al repubblicanesimo mazziniano e non a quel repubblicanesimo di comodo, per cui basta non definirsi monarchici per essere repubblicani. Sul tema del Partito ritorneremo. Cerchiamo ora di analizzare la situazione politica. E’ finito il bipolarismo? Il bipolarismo in quanto progetto politico possiamo considerarlo obsoleto o addirittura archiviato. Può ritornare un bipolarismo d’emergenza. Oggi potremo prendere in prestito quanto scrisse Giovanni Spadolini su un fondo del nostro giornale il 12 settembre 1983: "Altro che ‘bipolarismo’! L’Italia bipolare degli anni cinquanta in cui pure il centrismo esercitò il suo ufficio storico di raccordo tra le forze laiche e quelle cattoliche, nelle condizioni date, è morta da molto tempo. Già il centrosinistra recò un colpo irreversibile a quella concezione statica e un po’ manichea dei due grandi partiti contrapposti". Allora DC-PCI, oggi PD-PDL. La musica non è cambiata. Aggiungiamo però che a nostro avviso il bipolarismo non si è mai affermato, perché politicamente ibrido rispetto alla storia politica italiana. Infatti, i predicatori del bipolarismo portavano le loro ragioni con la convinzione di una "governabilità" che in 20 anni non è proprio esistita. Archiviato il bipolarismo, i repubblicani hanno cercato di offrire una piattaforma politica al Paese prima e alle altre forze politiche poi. Questa piattaforma politica si è estrinsecata nel progetto liberaldemocratico. Malgrado i tentativi maldestri di alcuni organismi regionali repubblicani e talora dell’assoluta inconsistenza organizzativa, il progetto liberaldemocratico ha trovato la sua piena estrinsecazione nei dibattiti interni al Partito Repubblicano, nell’elaborazione politica attraverso i documenti degli stessi, nel dispiegamento sul territorio dei fondamentali del progetto liberaldemocratico, non declamandolo ma definendolo nei minimi particolari. Si sono svolte manifestazioni nelle Marche, in Toscana-Liguria, in Puglia, in Campania (3), in Calabria (2), è prevista per il 12 gennaio la manifestazione in Emilia Romagna. Ci saremmo aspettati una maggiore partecipazione dei nostri militanti. Così non è stato e tuttavia noi continueremo nella nostra opera di coinvolgimento, rifiutando sempre e comunque posizioni pregiudiziali, che dovrebbero essere proprie di ideologismi aspramente contrastanti la laicità. Come si suol dire: si predica bene e si razzola male. Alle primarie democratiche nello Iowa Obama ha detto: "Il nostro destino è scritto non per noi ma da noi". Non sarebbe proprio male se i repubblicani facessero proprio questo assunto. E’ proprio perché vorremmo scriverlo noi il nostro futuro, che non ci consideriamo affatto moderati, bensì rivoluzionari. In un bellissimo articolo sul Corriere della Sera di qualche settimana fa, Giovanni Belardelli distingueva molto bene i moderati dai rivoluzionari, e tra questi ultimi citava due personaggi molto noti: Cavour, che può apparire moderato ma che tuttavia con la sua "rivoluzione" rese l’Italia unita e Alcide De Gasperi che con un’altra "rivoluzione" senza essere necessitato, allargò la maggioranza ai partiti laici, mandò via i comunisti dal governo, per poter colloquiare con gli Stati Uniti e attuò le riforme agrarie. Altro che moderati! Costoro furono rivoluzionari silenziosi. E i repubblicani, eredi ideali di Mazzini, di Bovio, di Conti, di Pacciardi, di Reale e di Ugo la Malfa sono anch’essi rivoluzionari silenziosi. Lo sono perché intendono cambiare un assetto repubblicano che, come dimostrano ora più di allora gli interventi all’Assemblea Costituente, non è quello cui loro aspiravano. Lo sono perché vogliono cambiare radicalmente l’assetto socio-economico del Paese. Lo sono perché vogliono pulire da incrostazioni secolari i mali della politica italiana. Noi siamo nella fase in cui la vita volge al desio e anche se ai naviganti repubblicani non intenerisce il cuore, nell’animo nostro c’è il desiderio, il forte desiderio di portare i repubblicani in Parlamento. Come ha scritto Saverio Collura sul nostro giornale il 28/12, possiamo considerarci gli antesignani dell’Agenda Monti, avendo proposto il suo nome come guida per l’economia italiana fin dal 3 novembre 2011, ben prima che lo stesso fosse indicato come Presidente del Consiglio. C’è una certa difficoltà nei rapporti per raggiungere intese elettorali. Confidiamo nel buon senso e nelle possibilità di superarla. Tuttavia l’obiettivo primario è la presenza in Parlamento: quella del Partito, signori repubblicani, non dei singoli esponenti dei quali non ci importa nulla e non dovrebbe importare nulla ad alcun repubblicano degno di questo nome. Come scriveva Spadolini su Bloc-notes 1990-1992 il 30 novembre 1991: "Il liberale gobettiano (e noi vorremmo essere tra questi, n.d.s.) non è un pensatore che accetti classificazioni sommarie e sbrigative. Egli resta un interprete coerente di quell’Italia di minoranza collegata all’esperienza risorgimentale che ha dovuto subire ‘la prepotenza dei partiti di massa emergenti sulla scena politica’"… Ecco vorremmo essere liberali gobettiani. Il declino si ferma se si ha una visione complessiva della società, e non sognando di realizzare un bieco liberismo da padrone delle ferriere. La parte malata dell’Italia è quella avvelenata dagli egoismi di parte, dal nepotismo, dalla corruzione, dalla ricerca del potere per abusarne. Con i nostri modesti mezzi vogliamo lottare per l’Italia e tentare di risanarla. Chiudiamo con una frase del messaggio di Mazzini "Ai Giovani": "Sono nella vita dei popoli, come in quella degli individui, momenti solenni, supremi, nei quali si decidono le sorti di un lungo avvenire, quando tra due vie schiuse al moto, tra due insegnamenti, tra due principi diversi, la nazione vacilla incerta nella scelta e cerca norma alla propria azione. Allora ogni uomo ha ben diritto di chiedere all’altro: in che credi? E a ogni uomo come debito di rispondere: questa è la mia fede; in questa giudicherete l’opera mia". Repubblicani e italiani, in cosa credete? Auguri per un felice e prospero anno nuovo, di cui abbiamo davvero bisogno! Augurissimi ai repubblicani con tessera e a quelli senza tessera, a quelli animati da idealità repubblicana, anche se non ci hanno mai votato, e a quanti amano il benessere dell’Italia anteponendolo sempre e comunque ai propri interessi, personali o collettivi, non importa. |